Una questione di fiducia

Par lundi 13 janvier 2020 3697

Cari lettori, care lettrici, bentornati !

Sapete, c’è un’osservazione che tanti musulmani ricevono nel quotidiano:
“Voi musulmani vi esponete davvero poco”

E devo dirvelo: questa frase è davvero pesante per loro.

In primo luogo,

quel “voi” è abbastanza pesante sulle orecchie, quanto leggero sulla lingua.

Si tende davvero a generalizzare tanto: in Svizzera interna, ed in Italia, conosco tantissimi gruppi di musulmani che si espongono un sacco… loro contano in questo “voi”?

I giornali spesso ignorano queste iniziative, l’ho notato per esperienza personale, quindi è difficile che il cittadino possa venirne a conoscenza.

Per comprendere appieno questo testo può fare comodo dare un occhio al mio articolo precedente, che trattava a proposito degli attacchi mediatici, e di quanto essi siano seriamente un problema. Problema che, nel nostro territorio, è davvero marcato.

Perché la fiducia è fondamentale?

Oggi giorno ci sono tanti problemi legati, in un modo o nell’altro, al mondo islamico. Alcuni di questi problemi sono a volte delle banalità volte a influenzare politicamente il popolo (come il tema dei minareti o del burqa), altre volte invece si tratta di problemi seri (come il terrorismo religioso).

Nonostante queste questioni abbiano tipicamente un peso minore rispetto a tematiche ben più importanti (come la crescente povertà, la crisi del lavoro, la mancanza di sensibilità ecologica, l’influenza svizzera nelle guerre oltreconfine, ed i problemi nel sistema politico ed educazionale) esse sono spesso al centro dei quotidiani locali: è quindi ragionevole aspettarsi che chiunque vorrebbe che esse vengano risolte! Chiunque sarebbe contento se non ci fosse più il problema dei foreign fighters!

(Anche se probabilmente questo interessa ben poco al ticinese che non riesce ad arrivare a fine mese con 800 CHF)

Ora, vorrei chiedervi: pensate che sia possibile risolvere questi problemi, senza l’aiuto della stessa comunità islamica? Voglio dire, quelli che sono problemi per il normale cittadino, sono problemi anche per loro!

Il musulmano ha il dovere di rispettare ogni vita, umana e non. Inoltre, penso sia importante farvi ricordare che se un folle cominciasse a sparare alla gente in centro a Lugano con dei pretesti “religiosi”, ci rimettiamo tutti in maniera indiscriminata, e (sfortunatamente non è il tema di questo articolo) qualunque musulmano avrebbe il dovere in tal caso di difendere la sua città, non certo di assecondare il terrorista.

Detto questo, chi meglio della comunità islamica stessa può monitorare questo tipo di pericoli? Eppure la società spesso crea un sentiero di inimicizia, di sfiducia.

Un esempio: dove la fiducia avrebbe fatto la differenza

Vorrei riportarvi il racconto di T.:
“C’era questo ragazzo in moschea, una persona dal buon carattere e dal buon comportamento. Conoscendolo meglio, ho saputo che suo padre era un alcolizzato, e sua madre era molto malata. I rapporti con i suoi genitori non erano dei migliori. Poi, un giorno, ho saputo che voleva partire ed andare a difendere i civili in Palestina. Ne ho parlato con mio padre per cercare di capire cosa fare. Lui voleva invitare il ragazzo a casa per farlo riflettere su questa sua intenzione e possibilmente fargli cambiare idea, ma alla fine abbiamo posticipato sempre questa cosa, fino a quando quel ragazzo non si fece più vedere in moschea. Poche settimane dopo, venimmo a conoscenza della sua morte.”

Quando chiesi a T. “Perché non ne avete parlato con le autorità” lui mi rispose: “Lo avrebbero trattato come qualche sorta di criminale, infangato sui giornali, parlando male dell’islam e della comunità locale, ma probabilmente l’unica cosa di cui aveva bisogno quel ragazzo era del sincero aiuto sociale. In questo posto, non mi fiderei nemmeno a parlare di queste cose con il telefono azzurro”

E sinceramente non sapevo cosa rispondergli. Come potevo dargli torto?

Gli attori in gioco sono tanti

Come detto nel mio precedente articolo, gli attacchi mediatici verso i musulmani sono davvero tanti, però è anche vero che ci sono ogni tanto degli sprizzi di positività ed avvicinamento da parte dei media: un esempio che mi è davvero piaciuta è stata l’intervista a Pascal Gemperli, che in maniera molto chiara, coincisa e pacata ha risposto in maniera corretta a molti dei dubbi che hanno i nostri concittadini.

Trasmissioni televisive, interviste radio… sebbene quelle che sono “positive” verso i musulmani si avvicinano ad un misero 10%, la loro presenza ci fa capire che è molto difficile fare di tutta l’erba un fascio: dietro ad un’intervista o un articolo, ogni volta ci sono persone diverse, che rendono conto a responsabili diversi, che partecipano a progetti diversi.

Perché è importante rimarcare questa cosa? Per realizzare che creare una fiducia reciproca chiede davvero il coinvolgimento di tante persone. E ovviamente no, non c’è da lavorare solo sui media, ma bisogna anche lavorare sui musulmani stessi per far loro capire che non vengono visti come “nemici” o come barbuti pericolosi.

Ed in Ticino?

Parliamo del Ticino per un attimo. Ci sono tanti gruppi che davvero si impegnano in un dialogo positivo e propositivo sul tema “islam”: vale la pena citare la facoltà di teologia dell’USI[1], i ragazzi del progetto Dialogue En Route[2], ed il Forum delle Religioni[3]. Questi gruppi organizzano eventi ed anche corsi, affrontando o citando problemi come islamofobia, difficoltà di integrazione e mancanza di dialogo interculturale. Tuttavia tutti i loro sforzi raggiungono di solito ben poca gente, la quale di solito è già interessata al tema. La maggioranza del cantone rimane inconsapevole anche dell’esistenza di queste attività.

Vogliamo dire che i musulmani si espongono poco? Beh, mi esporrei anche io poco al loro posto, con il clima di sfiducia e discriminazione che abbiamo nella nostra regione. Vorrei raccontarvi di un episodio accaduto l’anno scorso, che ha davvero minato tutti gli sforzi compiuti fino a quell’anno:

Il regista Danilo Catti ha chiesto di poter realizzare un documentario per conto di RSI che mostrasse la vita dei musulmani durante ramadan. Tutti i gruppi musulmani in Ticino erano molto titubanti a partecipare, per la sfiducia che provavano nei confronti dei media. Tante persone si sono mosse ed hanno fatto grandi sforzi per cercare di convincere questi gruppi a fidarsi e partecipare.

Alla fine, il documentario è stato trasmesso nel programma “Storie” senza ricevere l’approvazione della comunità islamica (come avrebbe dovuto); però il mio parere soggettivo è che questo documentario fosse abbastanza onesto e neutrale: il problema risiede altrove.

Il giorno in cui il documentario è stato trasmesso, l’ospite in sala è stato cambiato all’ultimo momento, e si è presentata la signora Keller Messahli (vincitrice del premio svizzero diritti umani 2016) che, come suo solito, ha parlato in maniera abbastanza preoccupante e negativa della comunità islamica in Ticino, senza però che nessuno della comunità islamica abbia mai visto questa donna in alcuna moschea ticinese.[4]

Dopo questo episodio, è facile capire perché al momento i maggiori esponenti della comunità islamica difficilmente accettano di apparire nei media locali. Capire quali incidenti sono accaduti dovrebbe aiutare ed evitare che accadano ancora.

Dove si vuole arrivare?

Un clima di fiducia, dove le istituzioni e le comunità islamiche collaborano, è fondamentale per un futuro sereno e dove ci si può focalizzare sui veri problemi che la nostra società affronta in questi anni delicati.

Affinché ciò accada, è importante non solo un cambio di approccio da parte delle istituzioni (ed i centri di informazione in particolare) ma anche da parte della comunità islamica. Approfondirò questo tema, in uno dei prossimi articoli.

 

 

[1]http://www.teologialugano.ch/uploads/4/1/6/6/41664437/corso-formazione-sa-2017-2018.pdf

[2]https://enroute.ch/it/

[3]http://www.forumdellereligioni.com/public_html/

[4]https://www.rsi.ch/la1/programmi/cultura/storie/Nel-mese-del-digiuno-9239170.html

 

Dignaz

Dignaz,
Piacere di conoscervi! Mi piace giocare a carte scoperte: sono di origini italiane, il mio sangue è un misto di nord e sud, sono un ingegnere informatico, studio intelligenza artificiale, e sono musulmano! Mi piace un sacco cucinare, stare nella natura, e tutta la narrattiva, soprattutto distopica, come i nostri quotidiani. 
Pur lavorando come informatico, partecipo a varie associazioni di carattere religioso, interculturale e sociale. Una strana combinazione forse, ma non così tanto se penso che il mio cioccolato preferito è quello salato.

Se potessi fare pubblicità a qualche personaggio contemporaneo, uno dei primi nomi che mi passa in testa è Norman Finkelstein, un autore, politico e scienziato americano.

C'è una parola che non sopporto usare e sentire: "odio". Ha molto peso, e la uso solo in casi estremi. 

Ci sono tante cose che vorrei imparare, e spero che questo progetto possa portarmi nuove conoscenze e confronti. Conto anche su di voi e sui vostri commenti!

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