La “Poetessa”: l’esempio di Hissa Hilal

Par jeudi 2 août 2018 2683

 

“Critico la rigidità religiosa, il terrorismo e chi uccide in nome dell’Islam. Critico chi vuole gli arabi chiusi tra di loro e ostili nei confronti degli altri.”

(“The Poetess” 2017)

 

A Toronto, nell’ambito di un festival dei diritti umani svoltosi lo scorso aprile, ho avuto modo di visionare “The Poetess”, documentario di Stefanie Brockhaus e Andreas Wolff che racconta la storia di Hissa Hilal, donna attivista saudita, famosa per le sue poesie rivoluzionarie che l’hanno portata ad aggiudicarsi il terzo posto nello show televisivo “Million’s Poet” [Sha’ir al-Milyun] (cf. Fabiani/Panarella). Si tratta di una competizione tra poeti di lingua araba che ha luogo annualmente negli Emirati Arabi Uniti ad Abu Dhabi. Lo spettacolo gode di considerevole importanza, in quanto seguito da decine di milioni di spettatori nel mondo arabo e non (cf. Ghiani 2010). I concorrenti sono chiamati a recitare la propria composizione poetica in stile tradizionale beduino nabati, forma lirica antica comune a svariati paesi arabi (cf. Ghiani 2010 & Bulkley 2009).

Hissa Hilal, prima donna ad essere stata premiata nell’ambito del talent show nel 2010, è divenuta famosa soprattutto per aver denunciato, attraverso le sue poesie, il radicalismo di matrice islamica. L’argomento che la poetessa ha coraggiosamente deciso di tematizzare non ha certo mancato di suscitare segni di disprezzo tra alcuni auditori, per non parlare delle minacce di morte nei suoi confronti (cf. Ghiani 2010 & “The Poetess”). Il film mostra così la forza di una donna profondamente ancorata alla propria fede islamica, ma anche capace di denunciare coloro che agiscono o applicano in modo radicale la religione musulmana.

Nelle prime fasi eliminatorie del concorso, la poetessa aveva già stupito il suo pubblico tramite la recitazione di due poesie facenti riferimento al concetto di emancipazione femminile. È stato però il poema denunciante quelle fatwa che incoraggiano alla violenza ad assicurare a Hissa Hilal il posto in finale. La poetessa parla di questi suoi versi come segue: «Ho criticato le fatwe estremiste e terroriste e gli assassini. Ho rotto un tabù e intorno a me accade una grande esplosione» (Fabiani/Panarella). A questo punto vorrei riportare la poesia denominata “Il caos delle fatwa”, in una tentata traduzione italiana:

Ho visto il male negli occhi delle fatwa in un tempo in cui ciò che è permesso viene confuso con ciò che è vietato. Quando svelo la verità, un mostro emerge dal suo nascondiglio, crudele nel pensiero e nelle azioni, rabbioso e cieco, indossa una veste e una cintura di morte. Parla da una piattaforma ufficiale e potente, terrorizzando la gente, chiunque cerca la pace diventa sua preda. La voce del coraggio è scomparsa e la verità è silenziosa, quando l’interesse personale impedisce all’individuo di pronunciare la verità (traduzione da Wright: 2011).

Hissa Hilal denuncia attraverso il suo poema tutte quelle fatwa che considera essere state pronunciate con lo scopo di terrorizzare le persone (cf. Hassan 2010). La poetessa utilizza la parola “verità”, proclamandosi rivelatrice di essa. In opposizione a questo concetto vi sono chiaramente coloro che “indossano una veste e una cintura di morte”, cioè gli attentatori suicidi, che sono lungi dal conoscere la verità, nonostante si definiscano autentici proclamatori e difensori di essa. Nella poesia, gli estremisti che pronunciano leggi religiose violente vengono opposti ai cercatori di pace, destinati a diventare loro prede. Questa riflessione mostra il processo d’inversione di valori tipico ad ideologie estremiste, in cui una realtà assoluta viene propagata e contrapposta a tutto ciò che devia da essa, impedendo la convivenza di una pluralità di opinioni. La poetessa addita l’illiceità di tale azione; è questa la verità che svela.

Vale infine la pena rilevare che Hilal ha partecipato alla competizione indossando il velo integrale, il niqab. La donna dice di aver notato come persone di paesi occidentali la osservino in modo sospetto, proprio perché indossa questo capo di vestiario. Sarebbero gli estremisti i responsabili di tale riserbo, in quanto fonte della cattiva ed erronea reputazione subita da individui musulmani (cf. Hassan 2010). La poetessa aggiunge in un’altra esternazione: “Queste fatwe vogliono isolare la società araba e dichiarare tutti gli altri come nemici. Il niqab non significa che tu sei favorevole a una ideologia ostile, che tu sei un estremista o un terrorista che desidera distruggere gli altri. Il niqab ha un background socioculturale. Il malinteso è che gli estremisti usano questo abito come loro simbolo. Forse il poema della fatwa cambierà la storia o diventerà parte della lotta femminista. Non solo per il suo valore letterario ma anche per il suo discorso sociale” (Fabiani/Panarella).

Ritengo che sia fondamentale riportare storie di personalità come Hissa Hilal, poiché rappresentano una voce forte, interna all’ambiente musulmano, che permette di superare vari luoghi comuni e discernere tra chi il terrorismo lo propaga e chi lo subisce, senza dimenticare che questi ultimi sono principalmente i fedeli musulmani stessi.

 

Fonti:

Bulkley, Kate (2009): Million's Poets. Spoken word brings social change. <https://www.theguardian.com/middleeastmedia/millions-poets>, [28.05.2018].

 

Fabiani, Rossella/Panarella, Elena: Cinema, Hissa Hilal: una poetessa contro gli estremisti.<https://spettacoliecultura.ilmessaggero.it/cinema/cinema_hissa_hilal_una_poetessa_contro_gli_estremisti-3669632.html>, [28.05.2018].

 

Ghiani, Omar: Arabia Saudita: le donne, la poesia e il caso di Hissa Hilal [29.04.2010]. <http://www.limesonline.com/arabia-saudita-le-donne-la-poesia-e-il-caso-di-hissa-hilal/12478>, [28.05.2018].

 

Hassan, Hassan (2010): Million's Poet finalist defies death threats. <https://www.thenational.ae/uae/million-s-poet-finalist-defies-death-threats-1.562756#full>, [30.05.2018].

 

Spencer, Samuel (2016):Million’s Poet: Abu Dhabi’s Prestigious Poetry Programme. <https://theculturetrip.com/middle-east/united-arab-emirates/articles/million-s-poet-abu-dhabi-s-prestigious-poetry-program/>, [30.05.2018].


Wright, Robin (2011): Rock the Casbah. Rage and Rebellion Across the Islamic World. New York: Simon & Schuster. <https://books.google.ca/books?id=numqfH3FgY8C&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_atb#v=onepage&q&f=false> [30.05.2018].

 

 

T.

Sono T., una ragazza ventitreenne ticinese fortemente interessata alle questioni culturali e religiose con cui anche la società svizzera si vede sempre più confrontata. Tra le varie parole che non posso sopportare, il vocabolo "razza" è sicuramente quello che mi tocca di più. Purtroppo, idee di superiorità di ogni tipo, sono ancora presenti tutt’oggi. Per questo motivo ritengo di fondamentale importanza partecipare a progetti che favoriscano la convivenza reciproca e la crescita condivisa tra persone di differenti religioni, etnie e gruppi in una società multiculturale. 

Sono sempre più interessata alle tematiche della migrazione, dell'interculturalità e dell’interreligiosità. Come blogger nel progetto PositivIslam vorrei dare il mio contributo personale e continuo, paragonabile metaforicamente al corso di un ruscello. Direi che il rumore dell’acqua di un fiume mi rappresenti, poiché esso continua a farsi sentire, anche se non sempre lo si nota con la medesima intensità.

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